Compagni la forte Sicilia s'è desta
e contro i tiranni solleva la testa
e chiama i suoi figli gementi e sfruttati
dai campi bagnati del vostro sudor.
Noi siamo dei paria le innumeri schiere
le pallide genti dannate a servire,
ma erette le fronti spieghiam le bandiere
muovendo al conquisto d'un equo avvenir.
O mesti carusi fanciulli straziati
da un'empia ingiustizia strumenti fiaccati
sorgete, sorgete rivendicatori
dei mille tesori che a voi s'involar!
Uscite da l'arse riarse solfare
o bimbi piangenti nel gran tenebrore
correte le maschie battaglie a pugnare
a infrangere gli ozi de lo sfruttator.
O genti sorelle, o tu Italia madre
guardate da quante mani avide e ladre
de l'isola nostra il proletariato
è oppresso, schiacciato da lunga viltà!
Allor che per fame urlava la plebe
ai pingui agli oziosi chiedendo mercè
o Italia a bagnare di sangue le glebe
il piombo fraterno ci venne da te.
Non questo, pugnando tra magiche squille,
tu a noi promettesti, legione dei Mille,
né contro i Borboni pei nuovi ribaldi
il buon Garibaldi da Quarto salpò!
O vecchio isolano ministro feroce
il patto fraterno per te si spezzò
tu l'isola bella dannasti alla croce
la storia il tuo nome col sangue vergò.
Innanzi all'eccidio dei nostri fratelli
sorgiamo più arditi, più forti e ribelli
ad ogni ingiustizia giuriamo far guerra
è nostra la terra se è fermo il voler!
Ribelli al comando dei fucilatori
ribelli a quest'orgia che noi dissanguò
insurti a vendetta d'immensi dolori
all'armi o fratelli che l'ora suonò.
Ruggite o miserie dai petti ventenni
squillate campane dei Vespri solenni
è questa la grande riscossa finale
del bene e del male la pugna fatal.
Noi siamo gli araldi di un'era di pace
che un alto pensiero d'amore guidò,
o vecchia Sicilia risorgi pugnace,
tremate o tiranni che l'Etna tuonò!